Conoscere per farsi prossimo (pubblicazioni della Caritas Diocesana)

Questo convegno che stiamo aprendo oggi, vuole essere il primo di una serie che speriamo lunga e proficua, ed è una iniziativa che abbiamo deciso con i vari collaboratori della nostra Caritas diocesana. Partendo dal desiderio di aiutare le persone bisognose abbiamo pensato che sia necessario, prima di intervenire materialmente, amarle e conoscerle. Per questo abbiamo scelto come titolo delle varie conferenze, “Conoscere per farsi prossimo”: non una conoscenza teorica ma una conoscenza per stare vicino alle persone, alle loro necessità e per amarle fino in fondo.

Don Alberto Brunelli – 24 maggio 2003

 

Il progetto Conoscere per farsi prossimo:

-è una serie di incontri per conoscere e per creare dei legami

-rappresenta il tentativo di approfondire la realtà che ci circonda e le problematiche di cui ci si può far carico

-nasce per incontrare gli altri nella loro diversità e nella loro complessità cercando di capire chi siamo ai loro occhi

-concretizza il compito della Caritas di testimoniare la Carità

Da ciascun convegno organizzato sono stati pubblicati gli atti unitamente ad una riflessione introduttiva che illustri in maniera specifica la tematica trattata. Ogni pubblicazione viene trasmessa a tutte le Caritas diocesane d’Italia e alle singole parrocchie della diocesi per diffondere e condividere i contenuti emersi. (cliccando sul titolo o sull’imnmagine di copertine è possibile scaricare l’intero documento)

 

Rom e sinti: cultura, accoglienza e disagi (Maggio 2003)

Interessarsi e recuperare etnie e culture trascurate o in via di estinzione è tipico di questo periodo storico. L’operazione diventa più difficile ed inquietante quando l’attenzione è rivolta alle comunità che vivono all’interno di questo mondo, mondo che vive all’insegna dell’industrializzazione, della velocità del progresso.

Diventa difficile analizzare serenamente le differenze, si avverte un senso di disagio ed anche una sottile paura; si è così ad un passo dall’intolleranza (…)

In una società industrializzata, chi non produce e non consuma, trova difficilmente una collocazione e lo Zingaro nei confronti del non-Zingaro, il “gaggio”, si autoemargina ancor di più, costruendosi dei meccanismi di difesa, irrigidendosi o sopravvivendo talvolta in maniera illecita. Integrazione può anche significare mutuo rispetto, scambio di idee per mezzo della cultura e della conoscenza (…)

Il mondo dei “gaggi” non deve permettere che questo popolo che cerca la sopravvivenza culturale, si spogli dei valori umani e storici di cui sono fieri testimoni. La conscenza, il rispetto reciproco, la collaborazione permetteranno di augurare loro un buon cammino.

 


Dal carcere alla vita: percorsi di solidarietà e promozione (Dicembre 2004)

L’art. 27 della Costituzione italiana stabilisce che “le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato”: di conseguenza è facilmente intuibile che al fianco di esigenze punitive vivono necessariamente esigenze di reinserimento sociale e rieducazione. Ma cosa succede se una pena così astrattamente prevista viene attacata da quegli effetti disgreganti e desocializzanti propri e tipici della realtà carceraria? (…)

La vita durante e dopo il carcere  non è solo un problema da risolvere:

-è un incontro tra la giustizia e il perdono;

-è un incontro tra la sofferenza e l’accoglienza;

-è un incontro tra “concittadini”;

-è un incontro con la persona in tutta la sua dignità

 


Salute mentale e depressioni: Riconoscere, curare, con-vivere (Maggio 2006)

Nel lavoro quotidiano della Caritas diocesana, attraverso il suo Centro d’ascolto, si è notato un aumento di persone che soffrono di depressione e disturbi depressivi. Abbiamo capito che spesso quando ci si trova improvvisamente ad avere a che fare con questo tipo di problema si può credere che il propio dolore sia insormontabile o che sia una cosa talmente straordinaria che le famiglie non sanno affrontare (…)

Da sempre la Chiesa è vicina a chi soffre di una malattia mentale“; l’affermazione è giusta, però occorre precisare il ruolo dei religiosi che rappresentano una parte di Chiesa che da sempre è stata vicina a queste persone in maniera particolare quando ancora esistevano i manicomi dove le religiose, i religiosi e i cappellani presenti, svolgevano un servizio per alleviarne le sofferenze. Le cosa cambiano se pensiamo alla Chiesa come comunità cristiana, come comunità parrocchiale, come comunità territoriale (…)

Già nel 1996 Giovanni Paolo II aveva esortato la comunità cristiana riconoscendo che la persona umana è sempre identica all’immagine di Dio: “Ogni essere umano è immagine di Dio, a maggior ragione un malato di mante che ne incarna la sofferenza“.

E Ratzinger dal canto suo: “…dire che Dio ci ha creati a sua immagine significa che eli ha voluto che ciascuno di noi manifesti un aspetto del suo splendore infinito“. La comunità è chiamata a riconoscere la persona malata come bisognosa di aiuto e nel far questo non deve far altro che riappropriarsi della propria identità. Una comunità cristiana è chiamata ad essere accogliente, quindi non solo deve riuscire a vedere l’altro degno di attenzione e simile a Cristo, ma deve iun qualche modo anche avviucinarsi e accoglierlo. L’acquisire la consapevolezza di questo impegno dato dalla propria identità, porta poi ad una serie di azioni possibili: ad una accoglienza che non deve essere quella delle grandi occasioni, ma un’accoglienza che significa farsi più vicini alle persone in ogni momento esprimendo ogni tipoi di attenzioni verso l’altro nella quotidianità.

 


Gente di terra, gente di mare – Ravenna e il suo porto (Maggio 2007)

Il porto: città nella città, casa lontano da casa, accogliente verso i lavoratori e i marittimi“, è il motto a cui si ispira l’Apostolato del Mare, cioè l’organizzazione ecclesiastica che cura l’assistenza materiale e spirituale dei marittimi. Si parla quindi dei marinai, persone ancora legate alle storie e alle leggende e troppo spesso scollegati dalla loro attività lavorativa che purtroppo è ancora capace di manifestare veri e propri tratti di schiavitù. Non tutti gli equipaggi sono tutelati dai regolamenti sindacali vigenti e le “leggi” del mare aperto sono terreno fertile per soprusi e abusi nei confronti di lavoratori, soprattutto provenienti da paesi in via di sviluppo, che non potendo fare diversamnete, accettano condizioni contratuali anche disumane dettate da armatori senza scrupoli, attaccati solo al proprio profitto (…)

La “magia” del porto e delle storie sui marinai si incrocia con la dura realtà fatta di storie personali, e mancato rispetto di diritti umani che tutti i giorni, i volontari delle organizzazioni Stella Maris, presenti nei vari porti italiani a nome della Chiesa locale, incontrano nel loro servizio. Sparse sul territorio nazionale ovunque ci sia un porto commerciale, Stella Maris rappresenta una concreta presenza al fianco di chi è lontano da casa e di chi arriva “straniero” nelle nostre città (…)

Il porto di Ravenna, realtà già attiva nei primi secoli d.C., con il porto romano di Classe, ha visto negli anni cinquanta la realizzazione di uno dei più importanti scali commerciali del nostro paese, con una particolarità: il porto c’è ma non si vede. Diversamente da altre città portuali, Ravenna ha sviluppato l’area portuale in una zona esterna al centro abitato e quindi “lontana dalla gente di terra” e “lontana per la gente di mare”.


10 anni di vicinanza: Attività e presenza del Centro d’ascolto diocesano “S. Vincenzo de Paoli” (Novembre 2009)

La carità supera la giustizia e la completa, nella logica del dono e del perdono; la città dell’uomo non è promossa solo da forti diritti e doveri, ma ancor più e ancora prima da relazioni di gratuità, di misericordia e di comunione. La carità manifesta sempre, anche nelle relazioni umane, l’amore di Dio. Essa dà valore ad ogni pena di giustizia divina nel mondo. (S. Ecc. Mons. G. Verucchi)

Nel servizio al prossimo, tutti ci diamo da fare e siamo felici di quello che facciamo, e vogliamo dimostrarlo perchè è molto importante. Non è un dispetto fare bene agli altri ma una grande gioia. (Don Alberto Brunelli)

Con questo fascicolo vorremmo condividere i 10 anni di vita vissuta presso il Centro d’ascolto diocesano di Ravenna-Cervia dal 1999 al 2009. Anni fatti di attività e soprattutto di persone e famiglie che si sono rivolte a noi. Sentiamo la necessità di sottolineare come, prima di tutto, al centro di ogni nostra attività c’è stata la Persona, la sua Storia, la sua Unicità, le sue Sofferenze ma anche le sue Gioie, i suoi Momenti Bui ma anche le sue Conquiste. (Raffaella Bazzoni)